Fame nervosa? Vediamo insieme come affrontarla

Vediamo insieme come riconoscerla, evitarla e allontanare i successivi sensi di colpa

Quante volte ti capita di mangiare il primo cibo che ti capita a tiro, di finire la scatola di cioccolatini, la busta di patatine, la confezione di biscotti?

In quante occasioni ti ritrovi sul divano a spiluccare del cibo guardando la tv senza neanche prestare attenzione al sapore, al profumo, o alle sensazioni che avverti?

Molte sono le emozioni che nel nostro quotidiano tendono ad influenzare il nostro comportamento alimentare. Le più frequenti sono l’ansia e la tristezza… ma anche la noia non scherza! E così, quando siamo un po’ giù di morale o non sappiamo come passare il nostro tempo… il cibo diventa il nostro più fedele compagno. Che tu sia appassionato di dolce o di salato non fa la differenza… quello che in realtà sarebbe bene bene che imparassi è a saper distinguere la fame vera da quella “nervosa”

L’Emotional Eating, che cos’è?

La fame nervosa, chiamata anche ultimamente “Emotional Eating” è la tendenza, diffusasi soprattutto durante il lockdown con la restrizione della nostra vita sociale, di utilizzare il cibo non come nutrimento del corpo e dell’anima, ma piuttosto una strategia per fronteggiare gli eventi stressanti della nostra vita.

E se da un lato questo sarebbe potuto essere anche un aspetto di risorsa, vedendo la cucina come un’opportunità per “mettere le mani in pasta” e trasformare gli stati d’animo… dall’altro, il più delle volte, per moltissimi persone è stato una vera e propria valvola di sfogo.

Il Cibo come riempitivo

Il vuoto lasciato dalle vite sociali sospese, dalla routine interrotta… ha lasciato, insieme alla sensazione di precarietà legata ai disagi, alle incertezze, alla comunicazione pessimistica… ampio spazio alla diffusione di un rapporto disfunzionale con il cibo e con la tavola. Le persone in sovrappeso sono fortemente aumentate, i ragazzi con disagi alimentari anche… e questo a discapito non soltanto della forma fisica di ciascun individuo, ma anche del loro stato psichico ed emotivo!

Se provate a pensare per quante persone vicine a voi il cibo è visto come l’unico modo per sconfiggere la tristezza di un momento, oppure quietare i sintomi di irrequietezza e agitazione dell’ansia… spesso accade anche che Il cibo viene visto anche come unico motivo legittimo per concedersi una pausa: dal lavoro, dallo studio o da qualsiasi altra attività noiosa. Ecco che allora si ricorre al mangiare non per soddisfare un bisogno fisiologico, ma per saziare una voglia di cibo scatenata da segnali emotivi.

L’influenza dei meccanismi biologici

Dal punto di vista medico-scientifico, alcuni studi hanno dimostrato come il comportamento alimentare sia influenzato da alcuni meccanismi biologici che coinvolgono lo stress come diretto responsabile della mancata regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Dopo aver fatto diverse prove, alcuni scienziati hanno scoperto e dimostrato che il rilascio di cortisolo (definito l’ormone dello stress) aumenta l’appetito e modifica il comportamento nutrizionale inducendo un maggior consumo di cibi grassi o dolci.

Il Cibo come responsabile del malumore

Anche se potrebbe sembrare un paradosso, considerato che dopo l’assunzione dei cibi il rilascio di dopamina attiva una sensazione positiva di piacere, il cibo consumato in seguito ad attacchi di fame nervosa, è stato confermato essere uno dei responsabili del cattivo umore. Il consumo di alimenti insani, la poca attenzione nei confronti delle “quantità” quando si è davanti ad un dolce, uno snack… sembrerebbe infatti essere motivo di sensi di colpa, frustrazione, malessere… e dunque di quello stato emotivo responsabile della fame nervosa stessa. E’ un po’ come stare all’interno di un circolo vizioso dal quale si fa fatica ad uscire.

L’insorgenza delle dinamiche disfunzionali

Numerosi studi hanno dimostrato che l’emotional eating è un fattore di rischio importante per l’insorgenza di numerosi disturbi alimentari. Alcuni autori ipotizzano addirittura che taluni comportamenti alimentari disfunzionali abbiano origine fin dalla primissima infanzia: quando il genitore di fronte ai diversi malesseri del bambino interviene sedandoli con il cibo. Questo intervento “quasi immediato” con caramelle, biscotti, cioccolatini… per distrarre o placare un pianto, un capriccio… a lungo andare può infatti diventare una dinamica disfunzionale dove il cibo non è più “nutrimento”, ma un rimedio al pianto, alla tristezza, alla rabbia… un sostituto al dialogo, all’abbraccio, alla coccola.

E’ proprio da questo primissimo intervento che spesso le persone associano, falsamente potremmo dire, al cibo, il potere “magico” di sanare qualsiasi ferita. 

E allora? Come dovremmo comportarci?

Come affrontare la fame nervosa?

Innanzitutto se siete arrivati fino a qui nella lettura di questo articolo è importante che vi facciate i complimenti: evidentemente è un argomento che vi interessa, magari vi siete soffermati a riflettere su qualche episodio recente e avete individuato degli spuntini sospetti… bene, questo è il primo passo per riconoscere la fame nervosa!

Imparate a sentirvi, a portare l’attenzione sui vostri stati d’animo, sulle emozioni che vi accompagnano quando vi avvicinate al cibo… lasciate che i vostri stati d’animo fluiscano… accoglieteli, date loro un nome e poi, accettandone le sfumature, lasciate che passino oltre. Non tratteneteli. E soprattutto: non giudicateli!

Parole chiave: consapevolezza e accettazione.

E se avete dei bambini?

…iniziate con loro fin da piccoli: non scambiate il cibo come un premio, una ricompensa o un mezzo per ricattarli. Lasciate che le merende e i pasti principali siano indipendenti dalle altre attività. Da genitori, ponetevi sempre in una posizione neutra, ma autorevole: voi sapete cos’è più giusto che loro mangino: tipologia di cibo e quantità. Potete decidere insieme quali potrebbero essere i pasti dedicati agli alimenti più simpatici per loro (come hamburger, patatine fritte…) ma non dimenticate che noi siamo ciò che mangiamo ed una crescita sana, non solo nel corpo, passa anche e soprattutto attraverso una corretta educazione a tavola.