“La cucina come mezzo di comunicazione”

Lord Northcliffe, magnate della stampa britannica durante la prima guerra mondiale, diceva ai suoi giornalisti che, per mantenere vivo l’interesse dei lettori, c’erano quattro tematiche sulle quali potevano fare sempre affidamento: CRIMINE, AMORE, DENARO e CIBO.

Il Cibo ha sempre nell’animo umano destato un particolare interesse. Ancora oggi, basti pensare al ruolo e allo spazio che sui social, sulla stampa, in televisione… i programmi dedicati alla cucina hanno.

Se da un lato il mangiare è un modo per distogliere l’attenzione da alcune tematiche scottanti (sostengono alcuni, forse con un pizzico di polemica), dall’altro potremmo dire che cucinare e mangiare sono in realtà due azioni che l’uomo compie quotidianamente, a prescindere dal proprio status sociale, del luogo in cui vive. Nutrirsi è come una livella. Ci pone sullo stesso piano, dal punto di vista del bisogno fisiologico. Non c’è individuo che non abbia bisogno di amore e di cibo.

…e se l’uomo, qualunque sia il contesto in cui vive, necessita di mangiare e dunque di cucinare nella sua vita, cosa potrebbe accadere se estendessimo gli effetti benefici che queste azioni hanno sul nostro organismo?

Nel momento in cui, ognuno di noi entra in cucina, in quello spazio che da luogo diventa per eccellenza laboratorio alchemico, nello stesso istante in cui si decide cosa realizzare, quali ingredienti usare, quale ricetta seguire, ognuno di noi esprime un suo modo di essere, di manipolare le risorse a disposizione, di gestire il tempo, il calore, le energie… Perfino il modo con il quale viene gestita la postazione di lavoro o si utilizzano degli strumenti piuttosto che altri, ci permette di manifestare la nostra visione della vita, i nostri stati d’animo, le nostre incertezze.

Potremmo dire, facendo riferimento alla “Pragmatica della comunicazione” di P. Watzlawick, che poiché in una interazione, ogni comportamento ha il valore di un messaggio e dunque, “non si può non comunicare”, anche le nostre azioni in cucina e ciò che prepariamo possono dunque essere un nostro modo di comunicare. Con noi stessi e con gli altri.

Ecco che cucinare può anch’esso diventare un modo di raccontarci: un linguaggio tanto efficace, quanto universale. Ai fornelli, ognuno di noi può narrarsi in modo intimo e autentico, lasciando che gli ingredienti siano i suoi vocaboli, le ricette diventino la grammatica, la sintassi venga data dal menù o dalla sequenza delle pietanze, i comportamenti conviviali rappresentino la retorica.

Attraverso la cucina, tutti hanno la possibilità di attingere al proprio bagaglio di esperienze, alla propria dispensa interiore ed estrapolare ciò di cui hanno bisogno: i propri valori, le proprie convinzioni, gli affetti, le emozioni… e da lì, il processo ha inizio.

Da questa angolatura, “cucinare” non ha più dunque la sola finalità di nutrirci, ma diventa un gesto quotidiano e universale per veicolare il nostro essere, nella dimensione più ampia del termine, e il nostro modo di voler stare al mondo.

La domanda dunque viene spontanea. Ma se cucinare è un modo per affermare chi sono, ecco che a monte è bene chiedersi: chi voglio essere? Che persona desidero portare nel mondo? Quali valori voglio divulgare? Di quali emozioni mi voglio fare portavoce?

Cucinare prevede un processo decisionale. A monte e in corso d’opera. E se non mi è chiaro fin dal principio, cucinare mi aiuta a far sì che io possa trovare un ordine e un equilibrio: scegliendo ciò di cui io mi voglio nutrire, gli ingredienti delle mie preparazioni, gli strumenti dei quali mi voglio avvalere, la sequenza che è bene che io segua… lavoro metaforicamente sui miei obiettivi, sui miei valori, sui miei ideali, sulle strategie da applicare, sul problem solving, sulle priorità.

Nella rubrica Colazione con gli dei di questa mattina, abbiamo incontrato un archetipo che a tal proposito è particolarmente importante: Crono. Con lui, dio del tempo, ma anche del falcetto, strumento in un primo momento di morte, poi di vita (leggi il suo mito sul libro “Il Cibo come via, gli Archetipi come guida”), impariamo l’arte del darci un taglio, della potatura, della sfrondatura. Con lui, quando lo integriamo in modo sano, senza l’eccesso delle sue regole o della sua austerità, entriamo in contatto con la parte di noi che sceglie, decide, sa cosa è necessario e cosa non lo è, cosa è sano per noi, quello che ci fa stare bene, la giusta misura.

Accogliere questo archetipo nella nostra vita e soprattutto a tavola, è un ottimo allenamento per lavorare su di noi e su cosa è giusto per il nostro benessere. Con Crono è facile che si parli anche di disciplina, di norme e di regole, dove è bene ricordare sempre che, maggiori sono gli impegni da portare a termine, gli obiettivi che si desiderano raggiungere, le difficoltà del momento che stiamo vivendo, maggiore è l’importanza che dobbiamo dare alla nostra salute e dunque a quei principi che ci ricordano la necessità di un buon riposo, di una sana ed equilibrata alimentazione, di una regolare attività fisica, di uno spazio per noi e per il nostro svago, anche mentale (oltre che fisico)… Disciplina non vuol dire infatti impegnarsi in qualcosa che ci appesantisce, ma piuttosto investire energie affinché sia possibile portare a termine ciò che ci gratifica veramente: le nostre passioni. Le nostre ambizioni.

dire.

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Se vuoi approfondire Crono, ascolta la registrazione della puntata di oggi e segui le prossime puntate. Tutte le domeniche mattine sulla pagina Facebook di Bambini e Genitori e InnerTeam: Colazione con gli dei. Ti aspetto!

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