“Pane, amore e…”

Quando ero piccola ricordo in modo piuttosto vivido nella memoria un film che vidi insieme a mia mamma: “Pane, amore e…”, di Dino Risi. Tratto da una trilogia girata negli anni ’50 con Vittorio De Sica e Sophia Loren, dove gli altri due episodi avevano come titolo: “Pane, amore e fantasia” e “Pane, amore e gelosia”, dei tre film, “Pane, amore e…” fu il primo tra l’altro ad essere girato a colori. A prescindere dalla trama in sé per sé, quello che mi ha sempre colpito di questi film sono i titoli: l’associazione tra il pane-nutrimento e l’amore-sentimento. All’epoca ero piccolina, però, in modo del tutto intuitivo, avevo già colto la relazione e ne avevo fatto tesoro.

La festa di San Valentino, che in realtà ha origini molto antiche, venne istituita da Papa Gelasio I nel 496 per tentare di cristianizzare gli antichi riti pagani Lupercali, festività romane in onore del Dio Fauno (o Luperco), protettore dei greggi dagli attacchi dei lupi.  

Nel Medioevo, sia in Francia che in Inghilterra, la festività di San Valentino si diffuse per onorare l’inizio della stagione degli amori per gli uccelli.

Nonostante siano diverse le leggende, pare che il martire alla quale si faccia riferimento il 14 Febbraio sia San Valentino da Terni, guaritore degli epilettici e protettore dell’amore romantico. Si racconta che Valentino sarebbe stato giustiziato perché aveva celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia e il legionario romano pagano Sabino, un’unione proibita dall’imperatore Claudio II e che per questo sia stato scelto come rappresentante e simbolo del sentimento che unisce due persone.

…ma, se per un attimo ci fermassimo a pensare a Valentino, all’aneddoto che lo vede protagonista e per il quale lui sacrificò la sua stessa vita, chissà che opinione avrebbe del nostro modo di onorare e vivere questa ricorrenza.   

Nonostante le premesse, oggi, sembra quasi che se non si festeggia il 14 febbraio, San Valentino, non si è cool. Se non si posta almeno una foto insieme al proprio partner o del regalo che si è ricevuto in questo giorno, è strano… per molti diventa un problema, un motivo di tristezza e di disagio.

Si sono create delle divisioni sul modo di vivere questo giorno: per qualcuno è motivo di vanto, per qualcun altro di autocommiserazione.

Ma è questo il significato che ognuno di noi vorrebbe, in cuor suo, dare a questo giorno? Siamo certi che l’amore romantico racchiuda in sé questa necessità di essere esternalizzato, manifestato, gridato a tutti? …o forse l’amore di per sé, al contrario di quanto non ci inviti a fare la società non è qualcosa che andrebbe vissuto, sentito dentro di sé come prezioso, intimo, personale e inoltre, prima di tutto, autoreferenziale?

Nonostante l’etimologia della parola amore sia probabilmente legata alla parola sanscrita kama, ossia desiderio, passione, attrazione, trovo essere molto interessante la teoria che sostiene la sua origine latina a-mors, senza morte. L’amore è un sentimento vivo, alla base della vita di ognuno di noi. Come il pane che ci ricorda il valore del nutrimento, non ci sarebbe niente se non ci fosse Lui, l’amore che tutto muove e tutto rende eterno nel suo divenire. Pensate per un attimo all’amore materno, a quello che ha mosso intere comunità a lottare per amore del proprio paese, dei propri valori, dei propri ideali.

L’amore è quel Sentimento che ci porta a superare la paura della morte in virtù di qualcosa che è più forte. Più importante.

Ieri, durante la rubrica “Colazione con gli dei” si è parlato di Afrodite, dea della bellezza e dell’amore. Con lei ci siamo soffermati a vedere di come nelle relazioni sia importante portare la parte migliore di noi: quella parte che non è bisognosa di cure e attenzioni, ma piuttosto desidera, insieme all’altro, di crescere, evolversi, migliorarsi. Afrodite ci riporta l’attenzione su come sia fondamentale scegliere, sentire ciò che ci appaga e ci fa stare bene. L’amore infatti ci chiede presenza, consapevolezza e in primis, autenticità.

“Amare sé stessi è l’inizio di un idillio che dura tutta la vita” scriveva Oscar Wilde.

E allora, nel giorno che ci apprestiamo a vivere, in questo 14 febbraio, auguro a tutti di portare nella loro quotidianità una breve riflessione sull’amore verso sé stessi.

In che relazione siamo con il nostro Corpo? …e con la nostra Mente? …diamo sufficiente spazio alle nostre Emozioni? Le riconosciamo? Le accogliamo? …e la nostra parte Spirituale, la consideriamo ogni tanto? Siamo disposti a fermare il nostro fare per sentirci?

Accettare sé stessi e amarsi vuol dire rispettarsi, ma prima ancora conoscersi. Se non siamo in grado di portare consapevolezza su chi siamo, cosa ci nutre e cosa desideriamo, se mai decideremo di avere un partner, con grandissima probabilità, delegheremo a lui/lei la responsabilità di scegliere per noi, di accogliere o criticare noi stessi, di lavorare per trasformarci.

Ripartiamo dunque da qui. Da noi. E da quel profondo legame che unisce l’amore con il pane. Noi abbiamo bisogno di amarci e di nutrirci. Con la stessa intensità e autenticità. Con la stessa attenzione e naturalezza.

Un proposito per questa giornata, che tu sia in coppia o meno, potrebbe essere questo, come si spiegava anche nella rubrica delle dirette del mattino “Gocce di benessere mattutino”: prendi un foglio di carta e scrivi la tua dichiarazione di amore e di impegno verso te stesso. Rinnova le tue promesse in virtù di quel benessere al quale ambisci, di quella qualità di vita a cui aneli, di quei progetti che stai con passione e dedizione coltivando. Quando avrai terminato, custodisci il bigliettino in uno spazio a te caro, per rileggertelo se mai ti sentissi disorientato, triste, scoraggiato e ricordare a te stesso chi sei, cosa vuoi e quali impegni ti sei preso.

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