Carnevale e il Menù di Nonno Peppino

…forse l’ho già scritto, non so… ma ogni vota che arriva Carnevale e, in particolare, Martedì Grasso, mi vengono in mente questi ricordi… ai quali amo dare spazio, perché nella nostalgia, a piccole dosi, vedo sempre la poesia e la dolcezza.

Ho vissuto con mio nonno per quasi 10 anni. Ci siamo conosciuti che eravamo già grandi. Prima del momento in cui io decisi di andare a vivere con lui, possiamo dire che non ci eravamo mai rivolti la parola direttamente. Nonna aveva sempre fatto da mediatrice, da facilitatrice e, soprattutto, da cuscinetto e lubrificante.

Avevo 19-20 anni quando decisi di trasferirmi da lui. Nonna era venuta a mancare da pochissimo e piuttosto che prendere una casa in affitto, in Abruzzo, mi era sembrata la scelta più ovvia quella di vivere insieme a mio nonno e condividere la quotidianità. Pensavo che avrei potuto essergli di aiuto. Nonno aveva 85 anni.

Fu incredibile scoprire di come in realtà fu lui ad essere di aiuto a me. Di solito sono le nonne che insegnano le tradizioni, tramandano le usanze… ai nipoti, ma noi non avevamo avuto tempo. Io sono sempre stata lontana e quando ero con loro, c’è sempre stato qualche conflitto da sanare, qualche diverbio da riappacificare.

Quando rimanemmo insieme io e Lui, nonno Peppino, non sapevamo nulla l’uno dell’altra. Ci guardavamo e ci studiavamo in silenzio… il dialogo era difficilissimo. Parlare era pressoché impossibile, non perché non comprendessi il dialetto, ma perché era veramente pericoloso trovare dei punti in comune o degli argomenti che ci consentissero di comunicare senza rischiare di discutere. La discussione era insostenibile. Nonno l’affrontava con la stessa aggressività con la quale avrebbe potuto gestire un incontro a fuoco. Era stato un militare da giovane. Cuoco dei generali, ma pur sempre un soldato.

La strategia che scoprimmo essere più funzionale, arricchente e appagante per entrambi era “mangiare insieme”. La cucina e il momento del pasto erano un binomio che ci univa.
Martedì Grasso era uno di quei giorni importanti per Nonno. Probabilmente gli ricordava un tempo lontano in cui non si mangiava tanto spesso, nonostante la fame fosse tanta, e non era solito soprattutto potersi concedere “simili disordini” (come li chiamava lui).

Quando stava per arrivare il giorno di Martedì Grasso, nonno iniziava con una settimana di anticipo a chiedermi che cosa avrei fatto… Ci teneva che io tornassi a casa per pranzo. Era importante per lui potermi cucinare i suoi piatti della tradizione: Gnocchi con il sugo di agnello, Agnello al coppo con le patate, Insalata e Agnello cacio e ovo.

Non ebbi mai il coraggio di confessargli che io non ho mai amato l’agnello e avrei sempre preferito di gran lunga mangiare qualcosa di più leggero. In quel pranzo, che lui iniziava a cucinare all’alba, c’era racchiusa tutta la sua capacità di prendersi cura di qualcuno. In quella pasta fatta in casa, in quel sugo fatto sobbollire a lungo, in quella carne messa a marinare prima di lasciare che la brace del camino lentamente la cuocesse… c’erano tutti quei dialoghi che non eravamo in grado di sostenere a parole.

Ho impiegato quasi 10 anni per digerire il suo modo di fare. La sua aggressività era come un vino troppo forte e tannico per il mio palato. Mi dava letteralmente alla testa.  Anche quando faceva qualcosa “per il mio bene”, lo avvertivo sempre come qualcosa di violento, prepotente. Forse lo era. O forse non ero in grado di capirlo.

È stato lui ad insegnarmi molto di quello che conosco della cucina abruzzese. Nel giorno di Carnevale, quando ripenso ai nostri pranzi veloci, ma con alle spalle lunghe ore di preparazione, mi viene sempre in mente il suo saper stare, aspettare, curare… e il nostro desiderio reciproco di voler condividere una distanza troppo ampia per essere colmata a parole.

Se anche tu hai dei ricordi che ti legano al cibo e al suo potere evocativo, scrivimi un messaggio o una mail. Sarà un piacere leggere la tua esperienza! Il Cibo è prima di tutto… relazione.

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