Anche che se ci può sembrare essere un poco strano… per qualcuno magari, perfino una forzatura… tutto parla di noi. Perfino quello che mangiamo.
Secondo il primo assioma della comunicazione: non si può non comunicare. Tutto è comunicazione. E se lo è perfino il silenzio, perché non dovrebbe esserlo quello che decidiamo di mettere nel nostro piatto o a bollire in pentola?
Avete mai fatto caso a quello che decidete di portare in tavola in alcuni determinati giorni? Io per esempio ho l’abitudine, quando avverto determinati stati d’animo, di scegliere di mangiare qualcosa di molto semplice e confortevole: le patatine fritte in busta. Avete presente quelle al formaggio? Bene, io quando mi sento un po’ giù di corda mi dedico un pasto della giornata leggero e coccoloso. Magari consumato in via del tutto eccezionale, sul divano. Lo so, non è educativo e neanche dal punto di vista nutrizionale corretto, ma, poiché siamo vasi comunicanti e tutto è in relazione… saper scegliere ciò che è più funzionale al nostro benessere, dal punto di vista alimentare, non passa sempre per proteine, carboidrati, grassi, vitamine… o calorie ingerite!
Io per esempio ho avuto modo di constatare che, assecondare certi bisogni, senza indugiare sul concetto di giusto-sbagliato, facilita la gestione della misura. Se io sento di voler mangiare delle patatine ed inizio a colpevolizzarmi per questo e a proibirmi un simile spuntino settimanale, perché assolutamente sbagliato e insano… non farò altro che rafforzare il gusto del “proibito”, dello sgarro, del fare qualcosa di extra-ordinario… Se invece io avverto uno stimolo, un richiamo verso un determinato alimento e mi concedo il lusso di scegliere in quale momento gustarmelo, affinchè tutto possa essere il più vicino possibile alla mia idea di “piacere” e di “soddisfazione”, lascerò a quel cibo il suo potere intrinseco, senza caricarlo di nient’altro. Mangiare per piacere, attraverso i nostri 5 sensi, non è un invito all’edonismo, ma piuttosto un approccio alla tavola che valorizza la gratificazione, l’appagamento, la soddisfazione, mediante ogni nostro recettore. Quando siamo a tavola, quando mangiamo… non è mai solo il nostro corpo a farlo, ma tutta la nostra persona: il nostro corpo, la nostra mente, la nostra parte emozionale, la nostra parte spirituale.
Prendere consapevolezza di questa nostra totalità, ci facilita una ricerca costante di equilibrio, armonia, piacere, gusto… anche attraverso cibi che riteniamo essere frivoli in apparenza, ma fortemente carichi di significati simbolici.
So che qualche professionista potrebbe essere contrario a questa mia visione, ma per l’esperienza che ho avuto fino ad oggi e per l’osservazione che ho avuto modo di fare, quando non ci sono patologie specifiche, intolleranze o allergie, saper mangiare seguendo il proprio benessere e la propria forma fisica, passa talvolta anche per alcune scelte “tradizionalmente ritenute insane”.
Riportare un’attenzione su quello che desideriamo portare in tavola o acquistare al supermercato, visto da questa prospettiva, può essere un’ottima cartina tornasole per conoscerci e sapere come stiamo e di cosa abbiamo veramente bisogno.
Spesso l’atteggiamento più diffuso è quello di combattere i nostri desideri: si sente il bisogno di mangiare un gelato e si rinuncia per amor della linea. Si avverte il desiderio di addentare una pizza, ma si rimanda al sabato sera. Si sogna di sgranocchiare delle patatine fritte davanti al nostro film preferito e ci si colpevolizza per non apprezzare l’insalatina mista che ci eravamo preparati con tanto amore e che sta lì in frigo, pronta ad aspettarci.
Ma se invece di essere così tanto severi nei confronti di noi stessi, si provasse a guardare con amorevolezza e apertura questi input che il nostro corpo ci invia, forse potremmo scoprire che la dolcezza è un nostro bisogno e che sarebbe opportuno reintegrarla nelle nostre giornate, che la nostra parte materna magari ha bisogno di essere ascoltata, che la nostra parte bambina reclama attenzioni. Non sempre si è “bravi” nell’essere irreprensibili o disciplinati… a volte occorre sapersi prendere con leggerezza, con un po’ di ironia, giocare con le nostre voglie per trasformarle in richieste più sottili e richiami più profondi di quanto noi siamo soliti pensare.
E allora, qualcuno potrebbe pensare, che io stia affermando di mangiare tutto e sempre! …e invece no… il suggerimento non è di assecondare ogni nostro desiderio in modo incondizionato, ma piuttosto chiederci cosa c’è “sotto” quel desiderio… cosa ci sta dicendo il nostro corpo chiedendoci di mangiare con tanta insistenza alimenti dolci? …oppure salati… o croccanti? Se potessimo definire con una parola o un aggettivo, il cibo dal quale ci sentiamo irresistibilmente attratti in questo momento, cosa diremmo? Se dovessimo descrivere ad un bambino piccolo, cosa significa per noi quell’alimento, cosa diremmo? A volte è nella semplicità delle nostre associazioni mentali, che si cela il perché di alcuni desideri. Provate! Il metodo migliore per scoprire se una teoria funziona oppure no, con voi, è provarla.
E allora sì che scoprirete che tutto è comunicazione. Anche il cibo ed il suo modo di attirare la nostra attenzione.
Tutto è comunicazione. Ci avevi mai pensato? In che modo pensi che potresti migliorare il tuo processo comunicativo e dunque la qualità delle tue relazioni?
Scrivimi la tua esperienza, sarà un piacere leggere le tue condivisioni e i tuoi feedback!
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Giulia Di Sipio, Counselor Relazionale Mediacomunicativo, Coach Relazionale Senior (posizione n°275 Ancore), specializzata in Counseling Gastronomico, concepisce il Cibo come una fonte di nutrimento olistico e uno strumento di lavoro su sé stessi: attraverso il processo alchemico che avviene in cucina, l’uomo sperimenta, trasforma, crea…e potenzia le sue abilità, la gestione delle sue risorse, la capacità di organizzazione, il problem solving.